Giurisprudenza Amministrativa
Sui principi relativi ad affidamento di contratti pubblici esclusi - ex art.4, d.lgs 18 aprile 2018 n.50, nel testo modificato dall’art.5 d.lgs 19 aprile 2017 n. 56.
A cura di Marco Terrei
NOTA A CONSIGLIO DI STATO
ADUNANZA DELLA COMMISSIONE SPECIALE
Parere 11 aprile 2018, n. 1241
A cura di MARCO TERREI
Richiesta di parere da parte del Presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione in ordine alla corretta interpretazione dell’art.4, d.lgs 18 aprile 2018 n.50 nel testo modificato dall’art.5 d.lgs 19 aprile 2017 n. 56.
1. Premessa
L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli al fine di acquisire un complesso immobiliare in Roma per un importo di €73.220.500,00 ha proceduto all’acquisto dell’immobile attraverso una trattativa diretta. Il Codacons ha presentato un esposto alla Procura della Corte dei Conti[1] [2] e per conoscenza all’Autorità Nazionale Anticorruzione rappresentando alcune anomalie nella procedura posta in essere dall’Agenzia delle Dogane.
A seguito della segnalazione, l’ufficio vigilanza servizi e forniture dell’Autorità ha posto in essere un’attività di riscontro a conclusione della quale, come previsto dall’art. 19 del Regolamento sull’esercizio dell’attività di vigilanza in materia di contratti pubblici, il Consiglio avrebbe dovuto autorizzare l’invio all’Autorità delle Dogane di una “comunicazione di risultanze istruttorie”.
Il Codacons e di conseguenza l’ufficio di vigilanza servizi e forniture dell’Autorità contestava la violazione dei principi di imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, pubblicità ed economicità, esplicitamente previsti dall’art.4 del d.lgs n.50 del 2016 (Codice dei Contratti).
- Le questioni rimesse alla Adunanza della Commissione Speciale
Il presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (di seguito Autorità) con nota prot. n. 16631 del 21 febbraio 2018 ha richiesto il parere della Commissione in merito e due questioni riguardanti: a) i rapporti fra la disciplina prevista dal d.l. 6 luglio 2011 n. 98, convertito con modificazioni nella legge 15 luglio 2011, n. 111 (disposizione specificamente dettata per gli acquisti di immobili da parte delle pubbliche amministrazioni) e il codice dei contratti;
- b) possibilità di derogare, nel caso oggetto dell’esame, all’utilizzo di procedure comparative o delle indagini di mercato.
- DL 6 luglio 2011 n.98
La norma di cui al decreto legge emanata nel 2011 e s.m. all’art. 12, rubricato Acquisto, vendita, manutenzione e censimento degli immobili pubblici, ha come obiettivo quello di controllare e ridurre la spesa pubblica introducendo delle norme chiare per quanto concerne le operazioni di acquisto, vendita locazione e manutenzione di immobili da parte di Pubbliche Amministrazioni le quali nella gestione di tali operazioni sono subordinate alla verifica del rispetto dei saldi strutturali della finanza pubblica. Al fine di raggiungere le economie di spesa di cui alla presente norma il legislatore prevede che per tali operazioni “A decorrere dal 1° gennaio 2012 le operazioni di acquisto e vendita di immobili, effettuate sia in forma diretta sia indiretta, da parte delle amministrazioni inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi del comma 3 dell'articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, con esclusione di […] sono subordinate alla verifica del rispetto dei saldi strutturali di finanza pubblica da attuarsi con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze.” [3] [4].
La disciplina dell’art. 1-bis e quella dell’art. 1-ter, di cui alle note 3 e 4, hanno quindi in comune la regola generale – il divieto di procedere ad acquisti immobiliari – e la loro deroga – cioè i casi di indispensabilità e indilazionabilità dell’acquisto di immobili – ferma restando la congruità del prezzo che deve essere valutato ed accertato dall’Agenzia del Demanio e il rispetto dei saldi strutturali di finanza pubblica.
A decorrere dall’anno 2014, quindi, benché sia venuto meno il divieto in capo alle pubbliche amministrazioni (con alcune tassative eccezioni) di procedere ad acquisti immobiliari, le predette operazioni sono sottoposte ad un peculiare regime vincolato.[5]
Tutto ciò premesso nella presente norma nulla viene indicato in merito alla modalità di acquisto degli immobili dei soggetti pubblici interessati dal provvedimento, nella norma infatti viene utilizzato il termine “acquisto, vendita e locazione”.
In merito al rapporto tra il DL 98/2011 e il Codice dei Contratti non vi sono elementi tali da lasciare spazio ad una deroga da parte della PA in merito all’applicabilità delle regole incluse nel Codice dei Contratti nella fattispecie di cui al DL posto che la finalità della norma “controllare e ridurre la spesa pubblica” viene indicata come Principio all’interno sia della Direttiva dell’Unione che dalla norma nazionale[6].
- Il quadro normativo generale Contratti Pubblici
Prima di passare all’analisi del dettaglio della questione posta dal Codacons è necessario effettuare una disamina del contenuto delle norme generali nell’ambito dei contratti pubblici per poi passare al Codice dei Contratti e al suo rapporto con le procedure di acquisto della pubblica amministrazione.
- – I Regi Decreti
Prima ancora che nell’attuale Codice dei Contratti, norma nazionale diretta, indicazioni in merito ai contratti attivi e/o passivi della PA vanno ricercate nell’art. 3 del RD 2440/1923[7] il quale prevede che “I contratti dai quali derivi un'entrata per lo Stato debbono essere preceduti da pubblici incanti, salvo che per particolari ragioni, delle quali dovrà farsi menzione nel decreto di approvazione del contratto, e limitatamente ai casi da determinare con il regolamento, l'amministrazione non intenda far ricorso alla licitazione ovvero nei casi di necessità alla trattativa privata. I contratti dai quali derivi una spesa per lo Stato debbono essere preceduti da gare mediante pubblico incanto o licitazione privata, a giudizio discrezionale dell'amministrazione” e del Regolamento[8] di esecuzione del medesimo il quale all’art. 37 del Titolo II Dei Contratti prevede che “Tutti i contratti dai quali derivi entrata o spesa dello Stato debbono essere preceduti da pubblici incanti, eccetto i casi indicati da leggi speciali e quelli previsti nei successivi articoli”.
- – la Direttiva UE sugli appalti
Procedendo in questa fase di analisi normativa della questione de qua vale la pena accennare alle Direttive della UE[9] dalla lettura delle quali si possono trarre alcune indicazioni utili all’analisi della sentenza.
Al considerando n.2 della Direttiva Appalti viene posto in rilievo l’importanza della spesa pubblica la quale ha la funzione primaria di far crescere tutta l’area UE ed infatti vi si afferma che “Gli appalti pubblici svolgono un ruolo fondamentale nella strategia Europa 2020, illustrata nella comunicazione della Commissione del 3 marzo 2010 dal titolo «Europa 2020 — Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva» («strategia Europa 2020 per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva»)” tale crescita non può che passare attraverso il mercato degli appalti ma tutte le negoziazioni devono essere volte ad un uso efficiente del denaro pubblico e così “[gli appalti sono molto importanti] in quanto costituiscono uno degli strumenti basati sul mercato necessari alla realizzazione di una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva garantendo contemporaneamente l’uso più efficiente possibile dei finanziamenti pubblici” ed è per questa ragione che una definizione chiara delle regole sottese agli appalti ed il loro rispetto, nelle modalità descritte all’interno della Direttiva, garantisce il raggiungimento di tali obbiettivi.
La Direttiva, prima ancora di entrare all’interno dell’articolato, nei Considerando indica e delimita i vari ambiti di azione della stessa e ne descrive Principi e finalità.
All’interno dei Considerando da 1 a 7, in relazione al fatto che le amministrazioni perseguono le proprie finalità istituzionali attraverso forme diverse di intervento pubblico che comportano un esborso di fondi pubblici, si propone di precisare quali tra queste forme rientra nell’ambito di applicazione della direttiva, ferma restando la libertà di scelta degli Stati membri tra queste[10]. Come si evince dal considerando 4 e dal paragrafo 1, la direttiva vuol prendere in considerazione le acquisizioni di lavori forniture o prestazioni di servizio a titolo oneroso per mezzo di un appalto pubblico. La disposizione si apre infatti al paragrafo 1 e ne segna l’incipit, prescrivendo che “La presente direttiva stabilisce norme sulle procedure per gli appalti indetti da amministrazioni aggiudicatrici, per quanto riguarda appalti pubblici e concorsi pubblici di progettazione il cui valore è stimato come non inferiore alle soglie stabilite all’articolo 4”. Nel paragrafo 2 poi, per distinguere l’appalto dalle altre modalità di intervento pubblico, utilizza il termine acquisizione da intendersi, come si evince dal considerando 4, in senso atecnico. Il legislatore afferma infatti che “La nozione di acquisizione dovrebbe essere intesa in senso ampio, ossia nel senso che le amministrazioni aggiudicatrici ottengono i vantaggi dei lavori, delle forniture o dei servizi in questione senza che sia necessariamente richiesto un trasferimento di proprietà”. Nel concetto di acquisizione possono rientrare contratti a titolo oneroso da cui deriva un vantaggio per l’amministrazione anche senza il trasferimento della proprietà come la locazione finanziaria o altre forme contrattuali. Restano pertanto fuori dall’ambito della direttiva, in base al combinato disposto del considerando 4 e dell’articolo 1, i finanziamenti e le sovvenzioni, le autorizzazioni all’esercizio di determinate attività, l’organizzazione dei servizi di interesse economico generale (SIEG), nonché, come precisato al paragrafo 6, gli atti di natura organizzativa che prevedono trasferimenti di competenze amministrative e di responsabilità. In relazione alla fattispecie di cui al paragrafo 6 sopra citato, nell’ambito del recepimento della direttiva sarebbe opportuno puntualizzarne la distinzione rispetto all’ipotesi di cooperazione pubblico-pubblico di cui all’articolo 12 paragrafi 4 e 5.
Dalla lettura della direttiva sembrerebbe potersi concludere che l’acquisto da parte della PA rientrerebbe nell’ambito di applicazione della direttiva non trovandosi, tale fattispecie di appalto, nei diversi casi di esclusioni previste all’interno dell’articolato.
- - Il Codice dei Contratti
Il Codice dei Contratti[11] così come nella Direttiva di cui sopra si apre con i “Principi Generali e disposizioni comuni” ove all’art. 1, comma 1 viene definito l’ambito di applicazione delle norme e vi si legge “Il presente codice disciplina i contratti di appalto e di concessione delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori aventi ad oggetto l’acquisizione di servizi, forniture, lavori e opere, nonché i concorsi pubblici di progettazione”. Al fine di procedere nella definizione dei soggetti sottoposti al rispetto delle norme l’art.3, “Definizioni”, al comma 1, chiarisce cosa debba intendersi per amministrazione aggiudicatrice di cui all’art. 1 e così le definisce “Ai fini del presente codice si intende per:
- a) «amministrazioni aggiudicatrici», le amministrazioni dello Stato; gli enti pubblici territoriali; gli altri enti pubblici non economici; gli organismi di diritto pubblico; le associazioni, unioni, consorzi, comunque denominati, costituiti da detti soggetti”.
Nel Titolo II dedicato ai “Contratti esclusi in tutti o in parte dall’ambito di applicazione” il legislatore prima ancora di indicare quali siano tali contratti esclusi in tutto o in parte fa una precisazione molto importante la quale nonostante il regime di esclusione, per ragioni che qui non interessa analizzare, prevede comunque per tutti quelli esclusi degli obblighi per i soggetti che pongono in essere tali appalti ed infatti prevede “L'affidamento dei contratti pubblici aventi ad oggetto lavori, servizi e forniture, dei contratti attivi, esclusi, in tutto o in parte, dall'ambito di applicazione oggettiva del presente codice, avviene nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, pubblicità, tutela dell'ambiente ed efficienza energetica”.
Non un richiamo, non una raccomandazione, non un mero suggerimento bensì un obbligo stringente. Un obbligo che rimanda a quei Princìpi indicati dall’Unione Europea, ai Principi costituzionali di cui si è detto sopra ma soprattutto è un chiaro riferimento alla 241/1990 sull’azione della Pubblica Amministrazione la quale nel suo agire è obbligata a seguire i “criteri di economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza, secondo le modalità previste dalla presente legge e dalle altre disposizioni che disciplinano singoli procedimenti, nonché dai princípi dell'ordinamento comunitario”.
- Il Parere della Commissione Speciale del Consiglio di Stato
Correttamente i giudici del Consiglio di Stato sottolineano nel loro parere che l’interpretazione estensiva dei Principi Generali – secondo i quali le tali regole di base si dovrebbero applicare sia ai contratti attivi che a quelli passivi - era già chiara ed univoca da parte della giurisprudenza amministrativa in riferimento al precedente Codice degli Appalti d.lgs 163/2006 e lo fanno affermando che “La giurisprudenza amministrativa è stata univoca nell’interpretare l’art. 27 in combinazione col precedente articolo 19 del d.lgs. n. 163 del 2006, individuando la ratio della prima norma nell’estensione dell’applicazione dei principi generali desumibili dai Trattati, prima comunitari e poi dell’Unione, ai contratti esclusi dall’ambito oggettivo di applicazione delle direttive “appalti pubblici” e quindi del codice, pur se dalle une e dall’altro “nominati”, ancorché al solo scopo di escluderli dal proprio ambito. In questi termini si è chiaramente espressa l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con la già citata decisione del 1° agosto 2011, n. 16, con la quale, in riferimento all’art. 27, si è altresì precisato che - Così intesa la norma intende porre un principio di rispetto di regole minimali di evidenza pubblica, a tutela della concorrenza e del mercato, ma tali regole minimali vengono imposte: a) da un lato solo ai soggetti che ricadono nell’ambito di applicazione del codice appalti e delle direttive comunitarie di cui costituisce recepimento, e per i contratti “esclusi” comunque menzionati nel codice; b) dall’altro lato ai contratti “nominati ma esenti”, e non anche ai contratti “estranei” e concludono affermando che “Questa conclusione è imposta dalla richiamata regola di diritto giurisprudenziale espressa dalla Corte di Giustizia in più occasioni, secondo cui ai contratti sottratti all’ambito di applicazione delle direttive sugli appalti pubblici si applicano comunque i principi posti dai Trattati dell’Unione a tutela della concorrenza”.
La richiesta del Presidente dell’Autorità dedica un breve passaggio alla recente introduzione all’interno del “correttivo” e quindi dell’attuale Codice della fattispecie “contratti attivi” sostenendo che l’attuale formulazione dell’art.4 “avrebbe finito per rendere la disposizione meno chiara che non in passato, quanto all’individuazione dei contratti esclusi, a cui comunque si applicano i principi, sia pure di carattere generale, previsti proprio dall’art. 4”
Posto che la fattispecie di cui trattasi in questa vicenda attiene ai “contratti passivi” i giudici confermano la loro precedente posizione[12] affermando che “Per tali contratti attivi non si dubita che, oltre a doversi rispettare eventuali specifiche regole contenute nella legislazione di contabilità di Stato e nelle discipline settoriali, vanno rispettati i principi generali di tutela della concorrenza e parità di trattamento. L’art. 1, lett. n), della legge delega pone tra i criteri direttivi quello della individuazione dei “contratti esclusi” dall’ambito di applicazione del codice degli appalti pubblici e dei contratti di concessione. Il principio di delega è stato già interpretato, dal codice, nel senso che oltre a individuarsi i contratti esclusi, vada per essi dettato un “nucleo minimo” di “principi” applicabili, e a tanto provvede l’art. 4 del codice. Non vi è dubbio che i “contratti attivi” rientrino tra i contratti esclusi. Pertanto i principi di cui all’art. 4 del codice andrebbero estesi anche ai contratti attivi, e a tal fine nell’art. 4, comma 1, dopo le parole “contratti pubblici aventi ad oggetto lavori, servizi e forniture,” andrebbero aggiunte le parole “dei contratti attivi”.
Il legislatore proprio seguendo le indicazioni del Consiglio ha fatto si che tutti i contratti della Pubblica Amministrazione, anche quelli esclusi in tutto o in parte dall’applicazione della Direttiva e del Codice, fossero comunque sottoposti ad un regime “minimo” di obblighi volti a tutelare i Principi di “economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza” di cui alla L. 241/1990 e quelli della concorrenza la quale costituisce un elemento essenziale dell’integrazione europea, in quanto deve consentire alle imprese di tutto il territorio dell’Unione di competere a parità di condizioni sui mercati di tutti gli Stati membri, assicurare la concorrenzialità dei loro prodotti e servizi sul piano mondiale[13].
- Conclusioni
Tornando alla domanda iniziale del Codacons e cioè se l’Agenzia delle Dogane ha o no violato i “principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, pubblicità, tutela dell'ambiente ed efficienza energetica” di cui all’art. 4 del Codice la riposta è positiva.
[1] Art. 103 Cost “La Corte dei conti ha giurisdizione nelle materie di contabilità pubblica e nelle altre specificate dalla legge”
[2] La legge 14 gennaio 1994, n.20 all’art.3, comma 4 prevede che “La Corte dei conti svolge, anche in corso di esercizio, il controllo successivo sulla gestione del bilancio e del patrimonio delle amministrazioni pubbliche, nonché sulle gestioni fuori bilancio e sui fondi di provenienza comunitaria, verificando la legittimità e la regolarità delle gestioni, nonché il funzionamento dei controlli interni a ciascuna amministrazione. Accerta, anche in base all'esito di altri controlli, la rispondenza dei risultati dell'attività amministrativa agli obiettivi stabiliti dalla legge, valutando compara
tivamente costi, modi e tempi dello svolgimento dell'azione amministrativa.”
[3] Appare utile aggiungere che la norma impone anche il rispetto di altri obblighi altrettanto stringenti quali quelli previsti dal comma 1-bis della medesima norma il quale prevede che “A decorrere dal 1° gennaio 2014 nel caso di operazioni di acquisto di immobili, ferma restando la verifica del rispetto dei saldi strutturali di finanza pubblica, l'emanazione del decreto previsto dal comma 1 è effettuata anche sulla base della documentata indispensabilità e indilazionabilità attestata dal responsabile del procedimento.”
[4] Altro elemento non di certo secondario è quello del prezzo della transazione che deve essere, così come previsto dal medesimo comma 1-bis, valutato e accertato infatti dispone il testo che “La congruità del prezzo è attestata dall'Agenzia del demanio, previo rimborso delle spese fatto salvo quanto previsto dal contratto di servizi stipulato ai sensi dell'articolo 59 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni.”
[5] Per completezza di esposizione della questione si aggiunge che in merito alle modalità di documentazione della indispensabilità e della indilazionabilità delle operazioni di acquisto di immobili da parte della pubblica amministrazione sono stati emanati uno specifico Decreto del ministro dell’Economia e delle Finanze n.108 del 14/02/2014 ed anche la Circolare del Ministero dell’Economia e delle Finanze n.19 del 23/06/2014.
[6] A medesima conclusione giunge il Consiglio di Stato il quale chiude a riguardo dicendo che “Riguardo alla portata del citato art. 12, nei suoi rapporti con il codice dei contratti pubblici, sono interamente condivisibili le considerazioni svolte nel già richiamato “Appunto per il Consiglio” dell’Ufficio precontenzioso e pareri dell’Autorità (allegato 3 alla richiesta di parere) circa il diverso ambito di operatività dei due complessi normativi. Il citato art. 12, ed in particolare il suo comma 1 bis, introdotto dall'art. 1, comma 138, legge n. 228 del 2012 (“A decorrere dal 1º gennaio 2014 nel caso di operazioni di acquisto di immobili, ferma restando la verifica del rispetto dei saldi strutturali di finanza pubblica, l’emanazione del decreto previsto dal comma 1 è effettuata anche sulla base della documentata indispensabilità e indilazionabilità attestata dal responsabile del procedimento. La congruità del prezzo è attestata dall’Agenzia del demanio, previo rimborso delle spese fatto salvo quanto previsto dal contratto di servizi stipulato ai sensi dell’articolo 59 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono stabilite le modalità di attuazione del presente comma”), così come la normativa secondaria di cui al decreto ministeriale del 14 febbraio 2014 e la circolare n. 19 del 2014 (concernenti i requisiti di indispensabilità ed indilazionabilità dell’acquisto) indicano e specificano i presupposti in presenza dei quali le Amministrazioni dello Stato possono procedere all’acquisto di immobili, con determinazioni e procedure da adottarsi a monte della procedura di individuazione dell’immobile da acquistare e quindi di scelta del contraente. Ne consegue che non costituiscono norme derogatorie alle disposizioni degli artt. 4 e 17 del codice dei contratti ed ai principi generali richiamati dalla prima di tali disposizioni”
[7] REGIO DECRETO 18 novembre 1923, n. 2440. Nuove disposizioni sull'amministrazione del patrimonio e sulla contabilità generale dello Stato. (GU n.275 del 23-11-1923);
[8] REGIO DECRETO 23 maggio 1924, n. 827. Regolamento per l'amministrazione del patrimonio e per la contabilità generale dello Stato. (GU n.130 del 3-6-1924 - Suppl. Ordinario n. 130);
[9] Direttiva Parlamento europeo e Consiglio 26/2/2014 n. 2014/24/UE
Direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE
[10] Si legga in proposito il Paper “DOCUMENTO DI ANALISI DELLA DIRETTIVA 2014/24/UE IN MATERIA DI APPALTI PUBBLICI” redatto da ITACA, Roma 19 novembre 2015;
[11] Decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, Codice dei contratti pubblici (G.U. n. 91 del 19 aprile 2016) aggiornato dal Decreto Legislativo 19 aprile 2017, n. 56, Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (G.U. n. 103 del 05 maggio 2017)
[12] Il riferimento è al Parere n. 855 del 1 aprile 2015 “Parere sullo schema del Codice dei Contratti Pubblici” all’interno del quale il Consiglio aveva auspicato che il codice degli appalti potesse diventare il Codice dei Contratti pubblici tout cour compresi quelli attivi ancora regolati dalla legislazione di contabilità dello Stato, ma non disciplinati dal codice, mancando un principio espresso di delega in tal senso;
[13] Le norme sulla concorrenza sono contenute negli artt. 101 e 102 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (corrispondenti agli art. 81-89, nella versione previgente del Trattato), che riguardano le normative nazionali in materia di attività d’impresa.