Ultimissime
CONSIGLIO DI STATO, Terza Sezione, sentenza n. 3206 del 29 maggio 2018
Sul diniego della cittadinanza allo straniero appartenente a movimenti con scopi non compatibili con la sicurezza della Repubblica
Il Consiglio di Stato si è pronunciato sul ricorso proposto dal sig. O. contro il Ministero dell’Interno e Ufficio Territoriale del governo di Venezia al fine di ottenere la riforma della sentenza del TAR Lazio, essendosi il giudice di prime cure pronunciato negativamente sulla domanda per il conferimento della cittadinanza italiana. Nell’atto di appello, il sig. O. deduce pertanto le seguenti doglianze: “error in iudicando, erronea valutazione delle censure mosse in primo grado con il primo motivo di ricorso: violazione degli artt. 1, 2, 3, co. 1, lett. b) e 6, 24, com. 7, l. n. 241 del 1990; violazione degli artt. 3, 24, 97 e 113 Cost., errata applicazione dell’art. 2, lett. b) e d), d.m. n. 415 del 10 maggio 1004; nonché violazione dei principi di trasparenza, ragionevolezza, imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa; eccesso di potere per contraddittorietà, difetto di istruttoria e travisamento dei fatti, in quanto i motivi posti a base del diniego di accesso (…)”
I giudici del Collegio fanno luce sui casi di esclusione dal diritto di accesso ai sensi dell’art. 24 della L. n. 241/1990 ed anche sulle motivazioni sottostanti il diniego della cittadinanza dello straniero.
L’art. 24, comma 6, della L. n. 241/1990 stabilisce che: “con regolamento, adottato ai sensi dell' articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400 , il Governo può prevedere casi di sottrazione all'accesso di documenti amministrativi, tra cui - cfr. lett. c) – “ quando i documenti riguardino le strutture, i mezzi, le dotazioni, il personale e le azioni strettamente strumentali alla tutela dell'ordine pubblico, alla prevenzione e alla repressione della criminalità con particolare riferimento alle tecniche investigative, alla identità delle fonti di informazione e alla sicurezza dei beni e delle persone coinvolte, all'attività di polizia giudiziaria e di conduzione delle indagini”.
Il caso di specie rientra proprio nell’ipotesi contemplata dalla norma de qua ed in particolare, il Collegio osserva che la Corte Costituzionale ha precisato con sentenza n. 110 del 10 aprile1998 che “la sicurezza interna ed esterna dello Stato costituisce interesse essenziale ed insopprimibile della collettività, con palese carattere di assoluta preminenza su ogni altro” e che, “pertanto, nel caso in cui si tratti di agire per la salvaguardia dei supremi interessi dello Stato, può trovare legittimazione il segreto, quale strumento necessario per raggiungere il fine di quella sicurezza e per garantire l’esistenza, l’integrità e l’assetto democratico dello Stato, valori tutelati dagli artt. 1, 5, 52, 87 e 126 Cost.”.
Nel caso di specie, i giudici del Collegio rilevano anche che l’Amministrazione si è prodigata ad illustrare le motivazioni del diniego, garantendo pertanto il livello di difesa.
A tal proposito, costante giurisprudenza è concorde nel ritenere che il provvedimento di diniego della richiesta cittadinanza italiana non deve necessariamente riportare analiticamente tutte le notizie che potrebbero in qualche modo compromettere l’attività preventiva o di controllo da parte degli organi a ciò preposti, in quanto appare sufficiente soltanto l’indicazione delle ragioni del diniego.
In conclusione, il Collegio ritiene che il provvedimento di diniego impugnato appare pertanto motivato sulla base dell’appartenenza a movimenti aventi scopi non compatibili con la sicurezza della Repubblica esi comprendono quindi le ragioni a causa delle quali il Ministero dell’Interno ha ritenuto di non poter accogliere la domanda proposta dal sig. O.