Ultimissime
Sul diritto di accesso agli atti amministrativi e l’eventuale diniego parziale, totale o mancata risposta da parte dell’Amministrazione
TAR LAZIO, Sezione Seconda Bis, sentenza n. 7326 del 02 luglio 2018
Il TAR Lazio si è pronunciato sul ricorso proposto da C. B. contro Roma Capitale al fine di ottenere l’accertamento del diritto del ricorrente di accedere ai documenti richiesti con istanza presentata in data 8 gennaio 2018, con conseguente ordine nei confronti della predetta Roma Capitale di esibizione ai sensi dell’art. 116 c.p.a.
Il Collegio si è pronunciato sul punto, facendo luce sulle diverse tipologie di accesso agli atti amministrativi previste dal nostro ordinamento.
In seguito all’introduzione della disciplina dell’accesso civico generalizzato, con il d. lgs. n. 97 del 2016, la tutela della trasparenza dell’azione amministrativa risulta consolidata da una disciplina che si aggiunge a quella che prevede gli obblighi di pubblicazione ed alla più vetusta norma di cui agli articoli 22 e ss. della l. n. 241 del 1990, in tema di accesso ai documenti.
La disciplina dell’accesso tradizionale risulta legata strettamente alle specifiche esigenze del richiedente e caratterizzata dalla connotazione strumentale agli interessi individuali dell’istante, il quale vanta il diritto di conoscere e di estrarre copia di un documento amministrativo.
Oltre la predetta disciplina, nel nostro ordinamento si è dapprima introdotto l’accesso civico c.d. “semplice”, imperniato su obblighi di pubblicazione gravanti sulla pubblica amministrazione e sulla legittimazione di ogni cittadino a richiederne l’adempimento e successivamente, l’accesso civico c.d. “generalizzato”, azionabile da chiunque, senza previa dimostrazione circa la sussistenza di un interesse concreto e attuale in connessione con la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti e senza alcun onere di motivazione della richiesta, al precipuo scopo di consentire una pubblicità diffusa ed integrale in rapporto alle finalità esplicitate dall’art. 5, comma 2 del d. lgs. n. 33 del 2013.
Sul punto il Collegio precisa che: “Pur condividendo lo stesso tipo di tutela processuale, già da quanto sopra esposto, si comprende la significativa differenza tra accesso ai documenti ed accesso civico, semplice e generalizzato, consentendo il primo una ostensione più approfondita ed il secondo, ove le esigenze di controllo diffuso del cittadino devono consentire una conoscenza più estesa ma meno approfondita, l’accesso ad una larga diffusione di dati documenti e informazioni, fermi i limiti ,che di seguito si andranno ad evidenziare, posti a salvaguardia di interessi pubblici e privati suscettibili di vulnerazione. Emblematica di tale diversità è, del resto, la constatazione che mentre la legge 241/1990 esclude espressamente l'utilizzabilità del diritto di accesso per sottoporre l'amministrazione a un controllo generalizzato, il diritto di accesso generalizzato è riconosciuto proprio “allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico”.”
I giudici del Collegio individuano anche le tipologie di atti sottratti all’accesso, ex art. 24 della L. n. 241 del 1990 ovvero, specificano che: “per contro, con riferimento all’accesso civico generalizzato, la fonte primaria non reca prescrizioni puntuali – individuando una classificazione interessi, pubblici (art. 5 bis, comma 1) e privati (art. 5 bis, comma 2) suscettibili di determinare una eventuale esclusione dell’accesso, cui si associano i casi di divieto assoluto ( art. 5 bis, comma 3) – rinviando ad un atto amministrativo non vincolante (linee guida ANAC, adottate d’intesa con il Garante per la protezione dei dati personali) quanto alla precisazione dell’ambito operativo dei limiti e delle esclusioni dell’accesso civico generalizzato (Linee guida Anac in materia di accesso civico di cui alla Deliberazione n. 1309 del 28 dicembre 2016, recante indicazioni operative e le esclusioni e i limiti all'accesso civico generalizzato, adottata dall’ANAC d'intesa con il Garante per la protezione dei dati personali e sentita la Conferenza unificata in base all’art. 5 bis, comma 6 del decreto trasparenza).”
Infine, il Collegio statuisce che: “nei casi di diniego parziale o totale all’accesso o in caso di mancata risposta allo scadere del termine per provvedere, contrariamente a quanto dispone la legge 241/1990, non si forma silenzio rigetto, ma il cittadino può attivare la speciale tutela amministrativa interna davanti al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza formulando istanza di riesame, alla quale deve essere dato riscontro entro i termini normativamente prescritti. Tale procedura di tutela amministrativa interna trova radice proprio nell’esigenza di assicurare al cittadino una risposta, chiara e motivata, attraverso uno strumento rapido e non dispendioso, con il coinvolgimento di un soggetto, il responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, che svolge un ruolo fondamentale nell’ambito della disciplina di prevenzione della corruzione e nell’attuazione delle relative misure. L’assenza di una tipizzazione legislativa del silenzio, infatti, implica l’onere per l’interessato di contestare l’inerzia dell’amministrazione attivando lo specifico rito di cui all’art. 117 c.p.a. e, successivamente, in ipotesi di diniego espresso, ai dati o documenti richiesti, il rito sull’accesso ex art. 116 c.p.a.”