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Anno XVI - n. 07 - Luglio 2024

  Giurisprudenza Amministrativa



A proposito di appalti, il valore dell’aggiudicazione provvisoria

di Gaia Troisi
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 NOTA A CONSIGLIO DI STATO, SEZIONE QUINTA

SENTENZA 11 ottobre 2018, n. 5863

A proposito di appalti:

per quanto occorrer possa, il valore dell’aggiudicazione provvisoria.

A cura di GAIA TROISI

 

Lo scritto in analisi trae ispirazione da un nuovo contenzioso in tema di appalti pubblici istruito innanzi all’organo giurisdizionale cui è rimesso l’ultimo insindacabile verdetto secondo l’architettura piramidale della giustizia amministrativa.

In dettaglio, la ricorrente P. s.r.l. partecipava a una procedura di gara bandita nell’autunno del 2011 a cura della Provincia di AQ., guadagnandosi un “posto in prima fila” sul podio dell’aggiudicazione provvisoria conclamato nel 2012.

Con successivo atto, reso a distanza di circa un anno, la stazione appaltante conferiva ufficialità a un sopravvenuto revirement, all’uopo disponendo un’aggiudicazione provvisoria in favore della seconda classificata D.R. s.r.l. .

Sicché, la ricorrente – ormai relegata al confino – non intravedeva altra soluzione all’orizzonte se non la proposizione del gravame innanzi al T.A.R. territorialmente competente, censurando gli atti ritenuti lesivi.

Orbene, il processo di primo grado conosceva un tempo di gestazione piuttosto breve, atteso che il Giudice adito poneva fine ai rituali lavori con una pronuncia di mera irricevibilità del ricorso per tardività dell’azione demolitoria.

Giunto alle soglie di Palazzo Spada, il Collegio investito della controversia prendeva opportune distanze dalla ratio agendi assurta a musa ispiratrice nel dispositivo della gravata sentenza e inaugurava le prime riflessioni sul caso muovendo proprio dalle censure di merito.

Invero, l’epicentro delle doglianze della ricorrente/appellante albergava in un presunto difetto di motivazione del provvedimento con cui la P.A. aveva disposto la nomina della D.R. s.r.l. quale aggiudicataria provvisoria della commessa pubblica, ancorché del successivo atto di aggiudicazione definitiva, senza peraltro provvedere in ordine a una formale revoca del beneficio già disposto in suo favore.

Con l’arresto in analisi il Consiglio di Stato ribadiva l’altisonante principio, non di certo foriero in seno alla giurisprudenza amministrativa, secondo cui l’omessa conferma dell’aggiudicazione provvisoria non costituisce affatto un titolo di accesso all’esercizio di un potere di autotutela, tale da prescrivere l’ineludibile raffronto tra l’interesse pubblico e quello privato sacrificato.

Sicché, in questa prima fase decisoria della procedura espletata – sebbene ancora in fieri – non può configurarsi un’operazione perequativa rispetto alla congiunta aggiudicazione definitiva, atteso che non è ravvisabile il sorgere di un legittimo affidamento in capo al suo destinatario.

Invero, sino al sopraggiungere dell’agognato momento dell’aggiudicazione definitiva la stazione appaltante conserva probamente la facoltà di mutare l’opportunità della scelta previamente intrapresa e di revocarla (anche al fine di emendare la procedura da vizi irreversibili, ovvero che possano aprir le porte a spiacevoli contenziosi con le imprese interessate), senza che ciò implichi l’intervento del testé evocato potere di autotutela.

D’altronde, non risponde a una casualità la stesura di una graduatoria che riporti – in ordine di merito – i nominativi di tutte le imprese legittimamente partecipanti alla selezione, dalla quale si può liberamente attingere in sede di suo «scorrimento».

Vale peraltro osservare – a parere della scrivente – che se, ai sensi dell’archetipo normativo di riferimento (art. 32, comma 6, d.lgs. n. 50/2016 e art. 11, comma 7, d.lgs. n. 163/2006), neppure l’aggiudicazione definitiva “equivale ad accettazione dell’offerta”, come potrebbe un’aggiudicazione provvisoria impegnare la stazione appaltante al punto da far incombere sulla stessa oneri motivazionali cotanto stringenti da vincolarne il potere di autodeterminazione?

Al margine della doglianza principale sin qui esposta, veniva altresì dedotta la violazione degli artt. 11, comma 5 - 12, comma 1 e 84 del Vecchio Codice, per esser stato il R.U.P. illegittimamente sostituito successivamente all’approvazione dell’aggiudicazione.

Inoltre, asseriva parte appellante, la “vexata” figura aveva dato séguito a una rivalutazione dell’offerta tecnica precedentemente assentita al punto da detronizzare la Commissione di gara (rientrando, tale operazione, nella sua esclusiva competenza).

Sul punto, il Collegio chiariva la sua posizione aderente all’indirizzo già espresso nella medesima sede secondo cui devono considerarsi del tutto residuali gli episodi di riconvocazione della novellata Commissione, in quanto riconducibili al solco dell’errore o di eventuali lacune nel suo operato.

Invero nei casi di «ordinaria amministrazione», esauriti i lavori della Commissione, è rimesso al R.U.P. conferire materiale esecuzione ai poteri di verifica e supervisione della condotta realizzata dall’organo collegiale.

Ad ogni buon conto, trasponendo quanto sinora esposto nel caso di specie, il Consesso adito osservava che non è certamente plausibile una riconvocazione della Commissione di gara allorché non s’intenda asseverare un’aggiudicazione provvisoria, dovendo – per contro – provvedersi soltanto in ordine a un “rinnovo del procedimento di gara a séguito di annullamento dell’aggiudicazione o di annullamento dell’esclusione di taluni concorrenti”.

D’altronde, i presupposti di invocabilità della norma richiamata in appello – tali da generare il c.d. «effetto caducante» degli atti di gara – impongono che i motivi di annullamento afferiscano ai casi di: a) illegittima composizione della Commissione di gara o sua inidoneità tecnica; b) condotta gravemente lesiva dei doveri di imparzialità ovvero che suggerisca un sentimento di prevenzione o favoreggiamento rispetto a uno o più concorrenti.

Tuttavia, nessuna delle condizioni testé evocate aveva integrato la contesa procedura selettiva.

Giunti all’epilogo, in virtù dei suesposti motivi, il Consiglio di Stato, con la pronuncia in commento, definitivamente pronunciando sull’appello lo respinge.

 

 INDICE DELLA GIURISPRUDENZA

Cons. Stato, Sez. III, 11.1.2018, n. 136;

Cons. Stato, Sez. V, 30.5.2016, n. 2293;

Cons. Stato, Sez. V, 23.10.2014, n. 5266;

Cons. Stato, Sez. VI, 4.9.2014, n. 4514;

Cons. Stato, Sez. III, 4.9.2013, n. 4433;

Cons. Stato, Ad. Plen., 29.11.2012, n. 36;

Cons. Stato, Sez. V, 20.4.2012, n. 2338