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La personalizzazione del danno non patrimoniale
di MARIA MARGHERITA D AGUI
La personalizzazione del danno non patrimoniale
Di MARIA MARGHERITA D’AGUÌ
1.Brevi cenni sul danno non patrimoniale.
Il nostro Codice Civile, come è noto, enuncia all’art. 2059 c.c. il principio di risarcibilità del danno non patrimoniale, limitando il ristoro ai soli casi previsti dalla Legge.
L’impostazione letterale della norma subordina il risarcimento alla sussistenza di un fatto reato ed alla violazione, dunque, di un interesse pubblico.
La norma in esame, stante la naturale evoluzione del panorama sociale e giuridico, ha offerto agli operatori del diritto diversi spunti interpretativi, che hanno plasmato la figura del danno non patrimoniale, coniando sottocategorie di danno e formulando i criteri di liquidazione.
Inizialmente, il danno alla persona corrispondeva al danno morale ed era risarcibile il cd. pretium doloris, ossia la sofferenza psichica sofferta dalla vittima in conseguenza dell’evento lesivo[1]. Infatti, il danno alla salute veniva risarcito ai sensi dell’art. 185 c.p., in presenza di un fatto reato, comprovabile anche con l’ausilio di semplici presunzioni legali[2].
Questa impostazione discendeva dalla concezione economica del diritto privato che, però, nel tempo, è stata condivisibilmente superata dalla centralità dei valori della persona ed alla connessa necessità di risarcire i danni derivanti dalla lesione dei diritti fondamentali dell’individuo.
Lo spartiacque tra la concezione economica del diritto privato ed i conseguenti limiti risarcitori del danno non patrimoniale e l’introduzione della nuova visione del danno alla persona, è rappresentato dalla celeberrima sentenza della Corte Costituzionale n. 184 del 14 luglio 1986, con la quale veniva introdotta la possibilità di risarcire il danno non patrimoniale ai sensi del combinato disposto dell’art. 2043 c.c. e 32 Cost., statuendo che nella categoria di danno non patrimoniale rientrasse anche il danno biologico[3].
Pertanto, con la pronuncia del Giudice delle Leggi, era stato delineato un sistema risarcitorio costituito dal danno patrimoniale, dal danno morale[4] e dal danno biologico[5].
Tale tripartizione veniva poi superata dalle pronunce della Corte di Cassazione nn. 8827 e 8828 del 31 maggio 2003 che, come è noto, sancivano la sussistenza delle sole figure rappresentate dal danno patrimoniale e dal danno non patrimoniale[6].
Dalla suddetta ripartizione discendeva il principio secondo cui il danno non patrimoniale è risarcibile ex art. 2059 c.c.e nei soli casi previsti dalla Legge, mentre il danno patrimoniale è risarcibile ai sensi dell’art. 2043 c.c., sulla scorta della sussistenza di illecito aquiliano, per sua natura atipico[7].
- Le sentenze “gemelle” pronunziate dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione.
Le pronunce più importanti in materia di responsabilità civile con riferimento alla figura del danno non patrimoniale sono rappresentate dalle note sentenze rese dalle Sezioni Unite della Suprema Corte nn. 26972, 26973, 26974 e 26975 del giorno 11 novembre 2008.
Con le statuizioni sopra citate, la Cassazione preliminarmente sganciava la risarcibilità del danno non patrimoniale dalla sussistenza di un reato, evidenziando che il danno alla persona può essere risarcito sia nelle ipotesi di reato, sia in tutti quei casi in cui si configura una lesione dei diritti alla persona protetti dalla Costituzione[8].
Inoltre, la Corte riconosceva le categorie di danno morale e danno biologico, considerandole, tuttavia, quali meri aspetti del danno non patrimoniale.
A tale assunto si conformava la giurisprudenza successiva che confermava il principio di risarcibilità del danno morale, inteso quale “sofferenza soggettiva in sé considerata” (danno morale “puro”) o come danno morale con degenerazioni patologiche della sofferenza[9].
Ancora, le sentenze di San Martino del 2008, precisavano che anche il danno esistenziale è una voce descrittiva del danno non patrimoniale e rappresenta un pregiudizio di carattere permanente che incide sulle abitudini di vita e sugli assetti relazionali del soggetto, tali da indurlo a scelte di vita diverse per la realizzazione ed espressione della sua personalità[10].
Per la Corte, inoltre, sono esclusi dal risarcimento tutti quei danni “bagatellari”, spesso riconosciuti dalle Corti di merito, e costituiti da meri fastidi o disagi che non cagionano, quindi, al soggetto un pregiudizio serio meritevole di tutela[11]. Infatti, l’offesa alla persona deve essere grave ed il pregiudizio “tanto serio da essere da essere meritevole di tutela in un sistema che impone un grado minimo di tolleranza”, con la conseguenza che “il risarcimento del danno non patrimoniale è dovuto solo nel caso in cui sia superato il livello di tollerabilità ed il pregiudizio non sia futile”[12].
Infine, secondo le Sezioni Unite la prova del danno, conformemente a quanto già espresso sul punto dalla giurisprudenza maggioritaria[13], poteva essere documentale, testimoniale o per presunzioni.
3.I criteri di liquidazione del danno non patrimoniale.
Individuati i limiti di risarcibilità del danno non patrimoniale, all’indomani delle sentenze gemelle, la giurisprudenza si adoperava per fissare i criteri di liquidazione del danno alla persona.
Come è noto, l’Osservatorio per la giustizia civile di Milano, elaborava delle tabelle per il risarcimento del danno non patrimoniale, attraverso cui veniva introdotto il criterio cd. del “punto pesante”, attraverso il quale venivano liquidati congiuntamente i valori riferibili al danno biologico ed a quello morale, attraverso una valutazione scientifica medico-legale ed una conseguente limitazione del potere equitativo del giudice.
Tuttavia, altre Corti di merito, tra le quali il Tribunale di Roma[14], demandavano al libero apprezzamento del giudice la quantificazione del danno morale, limitando alla liquidazione automatica tabellare soltanto il danno biologico.
Ai fini di risolvere il contrasto sorto in merito ai criteri di liquidazione del danno non patrimoniale, la Cassazione, a salvaguardia del principio di uguaglianza, affermava che le tabelle milanesi dovessero essere utilizzate universalmente ai fini della quantificazione del danno[15].
Si ricorda, inoltre, che con dlgs n. 209 del 7 settembre 2005, il cd Codice delle Assicurazioni Private, veniva introdotta una tabella unica nazionale per le lesioni micropermanenti o di lieve entità dall’1% al 9% derivanti da sinistro stradale. La norma prevede però che il giudice può aumentare l’ammontare del danno biologico entro un quinto, con “equo e motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato”.
L’impostazione del dettato normativo sopra richiamato ha offerto in dottrina e giurisprudenza spunti interessanti sulla cd. personalizzazione del risarcimento del danno non patrimoniale.
4.La personalizzazione del danno non patrimoniale. Criticità.
Come brevemente descritto, una delle problematiche affrontate dalla giurisprudenza è stata quella di individuare i parametri di liquidazione del danno non patrimoniale.
Infatti, la Suprema Corte aveva evidenziato che è censurabile il convincimento del giudice che non proceda alla liquidazione del danno non patrimoniale attraverso l’applicazione dei parametri delle tabelle milanesi[16].
Successivamente, però, la stessa Corte si discostava da tale orientamento, affermando che non possa esistere “una tabella universale della sofferenza umana”[17] e riconoscendo al giudice la facoltà di quantificare il danno secondo il suo libero apprezzamento, tenuto conto della specifiche circostanze del fatto esaminato.
Tale impostazione veniva fatta propria anche dalla giurisprudenza successiva; infatti, con sentenza 6 marzo 2014, n. 5243, la Suprema Corte ribadiva che “ onde valutare nella loro effettiva consistenza le sofferenze fisiche e psichiche, patite dal soggetto leso e pervenire al ristoro del danno nella sua interezza, il giudice, se ed in quanto vengano addotte circostanze che richiedano la variazione della liquidazione tabellare in aumento o in diminuzione, di queste dovrà tenere conto al fine di escludere od ammettere la personalizzazione, esplicitando in motivazione se e come abbia considerato tutte tali circostanze” [18].
Nello stesso senso, la più recente pronuncia della Cassazione del 6 luglio -21 settembre 2017 n. 21939, evidenziava che ai fini della liquidazione del danno non patrimoniale, il giudice deve tenere conto delle specifiche circostanze di fatto che valgano a superare le conseguenze ordinarie già previste e compensate dalla liquidazione forfettaria operata mediante le tabelle, tenendo conto della “irripetibile singolarità dell’esperienza di vita individuale nella specie considerata” [19].
Con le pronunce sopra descritte, la Corte si discostava da quanto affermato dalle sentenze di San Martino e contraddiceva se stessa. Infatti, le Sezioni Unite del 2008, avevano condannato l’automatismo risarcitorio del danno non patrimoniale che, di fatto, viene ritenuto pacifico dal recente orientamento della Corte, in quanto ammette che l’aumento del ristoro debba avvenire una volta liquidata la somma risarcitoria sulla base del calcolo tabellare.
Orbene, attraverso questo meccanismo, non si realizza pienamente il criterio di personalizzazione, poiché dal punto di invalidità automaticamente individuato, si procede all’aumento del valore monetario, procedendo quindi a tale operazione partendo da una quantificazione standard. Tale procedura liquidatoria, non sembra dunque valorizzare le peculiarità del caso specifico e potrebbe creare iniquità risarcitorie e incertezza del sistema, muovendosi in senso contrario a quanto affermato dalle sentenze gemelle.
Inoltre, si rischia di creare una duplicazione del risarcimento, ove l’esistenza di pregiudizi che non siano propri del danno biologico o del danno morale, non siano rigorosamente provati.
- La giurisprudenza recente ed il tentativo di ridare certezza del sistema.
Al fine di far chiarezza in tema di personalizzazione del danno non patrimoniale, la Corte è tornata di recente a pronunciarsi sul punto.
Con sentenza n. 19151/2018, gli Ermellini hanno precisato che costituisce duplicazione risarcitoria il riconoscimento del danno "biologico" e del danno "dinamico-relazionale", atteso che con quest'ultimo si individuano i pregiudizi di cui è già espressione il grado percentuale di invalidità permanente[20].
Per contro, precisa la Corte, non si avrà duplicazione ove si proceda alla congiunta attribuzione del danno biologico e di una ulteriore somma a titolo di risarcimento in relazione a tutti quei pregiudizi che non hanno fondamento medico-legale, ed estranei quindi alla determinazione scientifica del grado di percentuale di invalidità.
La pronuncia in esame, si conforma all’ordinanza n. 7513 del 27 marzo 2018, con la quale la Corte affermava che il danno dinamico-relazionale deve essere considerato quale danno biologico, al fine di evitare la duplicazione del risarcimento.
Il passo indietro compiuto dalla giurisprudenza in materia di personalizzazione del danno, ad avviso di chi scrive, è un condivisibile tentativo di ridare certezza al sistema in tema di risarcimento del danno alla persona, alla luce dei principi cardine cristallizzatesi nel tempo.
Infatti, si ricorda che il nostro ordinamento disciplina due tipi distinti di danni: il danno patrimoniale e non patrimoniale.
Il danno non patrimoniale è una categoria unitaria e pertanto ciascuna voce di danno deve essere risarcita con i medesimi criteri.
Ai fini della liquidazione, il giudice deve evitare la duplicazione risarcitoria di pregiudizi sostanzialmente identici e, pertanto, per non andare incontro ad automatismi risarcitori, dovrà procedere ad una approfondita e articolata istruttoria, ammettendo tutti i necessari mezzi di prova, potendo in via residuale ricorrere alle presunzioni ed alle massime di esperienza.
Per tali ragioni, alla luce del recente orientamento giurisprudenziale esaminato, la personalizzazione del danno non patrimoniale può riguardare tutti quei pregiudizi non oggetto di accertamento medico-legale e che siano stati rigorosamente provati.
L’impostazione recente della Suprema Corte sin qui illustrata è, a parere della scrivente, condivisibile in quanto ha ridato certezza alla materia ed ha subordinato il risarcimento del danno alla persona alla necessità del rigore probatorio per la corretta valutazione dei fatti di causa.
Bibliografia
Bargelli, Danno non patrimoniale e interpretazione costituzionalmente orientata dell‟art. 2059 c.c., in Resp. civ. prev., 2003.
Bargelli, Danno non patrimoniale: la messa a punto delle Sezioni Unite, in Nuova giur. civ. comm., 2009.
Franzoni, Il danno alla persona, Milano, 1995, 546 ss..
Grassi, I danni nonpatrimoniali ed il “doppio” art. 2043 c.c., in Rassegna di diritto civile, 2008, 943 ss..
Scognamiglio, Il danno morale (Contributo alla teoria del danno extracontrattuale), in Rivista di diritto civile, 1957, I, 273 ss.;
Thiene, Rimedio risarcitorio e condotta del danneggiante: tramonto o riscoperta dell’ingiustizia del danno?, in La Nuova giurisprudenza civile commentata, 2002, II, 205 ss..
Giurisprudenza consultata
Corte Cost., 12 luglio 2003, n. 233.
Cass. Civ., Sez. Un., 24 marzo 2006 n. 6572.
Cass. Civ., Sez. Lav., 7 marzo 2007 n. 5221.
Cass. Civ.., Sez. III, 19 ottobre 2007, n. 22020.
Cass. Civ., S.U., 11 novembre 2008, n. 26972.
Cass. Civ., Sez. III, 13 gennaio 2009, n. 479.
Cass., Sez. lav., 16 maggio 2007 n. 11278.
Cass.Civ., Sez. III, 31 agosto 2011, n. 17879.
Cass.Civ., Sez. III, 12 settembre 2011, n. 1864.
Cass Civ..,Sez. III, 20 aprile 2016, n. 7766.
Cass. Civ.,Sez. III, 6 marzo 2014, n. 5243.
Cass. Civ., Sez. III, 6 luglio -21 settembre 2017 n. 21939.
Cass, Civ., Sez. III, ordinanza 27 marzo 2018 n. 7513.
Cass. Civ., Sez. III, 7 marzo-19 luglio 2018, n. 19151.
[1] Per un approfondimento si veda Scognamiglio, Il danno morale (Contributo alla teoria del danno extracontrattuale), in Rivista di diritto civile, 1957, I, 273 ss.; Franzoni, Il danno alla persona, Milano, 1995, 546 ss..
[2] Il danno alla salute era considerato danno cd materiale. Si veda in proposito Thiene, Rimedio risarcitorio e condotta del danneggiante: tramonto o riscoperta dell’ingiustizia del danno?, in La Nuova giurisprudenza civile commentata, 2002, II, 205 ss.
[3] Come è noto per danno biologico si intende la lesione della integrità psico-fisica della persona, accertabile con giudizio medico-legale.
[4] Si ricorda che il danno non patrimoniale coincideva con il solo danno morale soggettivo.
[5] Per un approfondimento Bargelli, Danno non patrimoniale e interpretazione costituzionalmente orientata dell‟art. 2059 c.c., in Resp. civ. prev., 2003.
[6] Sul sistema bipolare: Grassi, I danni non patrimoniali ed il “doppio” art. 2043 c.c., in Rassegna di diritto civile, 2008, 943 ss., Bargelli, Danno non patrimoniale: la messa a punto delle Sezioni Unite, in Nuova giur. civ. comm., 2009.
[7] Tale sistema ha previsto che danno morale, danno biologico e danno esistenziale costituiscono sottocategorie di danno non patrimoniale ed è stato approvato anche dalla Corte Costituzionale, con la sentenza n. 233 del 12 luglio 2003.
[8] Nello stesso senso: Cass., sez. III, 19 ottobre 2007, n. 22020.
[9] Cass., sentenza n.26972/08. Conformi: Cass., sez. III, 28 novembre 2008, n. 28407; Cass., sez. III, 13 gennaio 2009, n. 479.
[10] Così Cass. Sez. Un., n. 26972/2008, cit.., sulla scia di precedente pronuncia di Cass., sez. Lav., 7 marzo 2007 n. 5221.
[11] Cass., Sez. Un., n. 26972/2008, cit..
[12] Testualmente Cass., Sez. Un., n. 26972/2008, cit..
[13] Cass., Sez. Un., 24 marzo 2006 n. 6572, Cass., sez. lav., 16 maggio 2007 n. 11278.
[14] Tabelle introdotte dall’ Osservatorio sulla Giustizia Civile di Roma.
[15] Cass., sez. III, 7 giugno 2011, n. 12408. Conformi: Cass., sez. III, 31 agosto 2011, n. 17879; Cass., sez. III, 12 settembre 2011, n. 1864.
[16] Cass., 7 giugno 2011,n. 12408, cit..
[17] Così Cass., 20 aprile 2016, n. 7766.
[18] Cass.,sez. III, 6 marzo 2014, n. 5243.
[19] Cass., sez. III, 6 luglio -21 settembre 2017 n. 21939.
[20] Cass., sez. III, 7 marzo-19 luglio 2018, n. 19151.