Giurisprudenza Amministrativa
Sull’ordine di esame del ricorso principale e ricorso incidentale escludenti relativi a una procedura ad evidenza pubblica
Nota a Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria - Ordinanza n. 06/2018. A cura di Arianna Cutilli
Con l’ordinanza in esame, il Consiglio di Stato ha investito la Corte di Giustizia dell’Unione Europea dell’annosa questione, relativa al rapporto tra ricorso principale e ricorso incidentale, proposti all’interno di un giudizio di impugnazione degli atti relativi a una procedura ad evidenza pubblica, alla quale abbiano partecipato altri concorrenti le cui offerte, tuttavia, non sono siano state oggetto di impugnazione.
Le incertezze interpretative e applicative concernono il caso in cui entrambi i ricorsi si qualifichino come escludenti, con l’ovvia implicazione del tema del discernimento circa la priorità d’esame.
Origine del dubbio ermeneutico è sicuramente l’interpretazione dell’art. 1, par.3, della Direttiva 89/665/CE (c.d. Direttiva Ricorsi)[1], il quale recita:“Gli Stati membri garantiscono che le procedure diricorso siano accessibili, secondo modalità che gli Statimembri possono determinare, per lo meno a chiunque abbiao abbia avuto interesse a ottenere l'aggiudicazione di undeterminato appalto pubblico di forniture o di lavori e che siastato o rischi di essere leso a causa di una violazionedenunciata”. La disposizione ha l’intento di estendere la platea dei possibili ricorrenti, di certo in un’ottica pro-concorrenziale e di tutela della parità di trattamento dei partecipanti alle gare d’appalto.
Le pronunce più recenti e rilevanti sul punto attestavano la volontà della ricerca di un equilibrio tra i diversi interessi in gioco che,secondo un orientamento iniziale, il Consiglio di Stato riteneva di individuare nel pronunciamento del giudice su entrambi i ricorsi, principale e incidentale, a prescindere da quale dei due fosse stato ritenuto fondato, poiché solo in tal modo avrebbe potuto ritenersi tutelato l’interesse strumentale di ciascuna impresa alla ripetizione delle operazioni di gara[2].
Tale soluzione, tuttavia, venne tacciata di alimentare, agevolandolo, il contenzioso giurisdizionale e di complicare l’esecuzione dell’opera pubblica, ledendo, da un lato, l’interesse pubblico e, dall’altro, quello del concorrente all’aggiudicazione dell’appalto.
Le analisi critiche portarono ad un nuovo arrestodell’Adunanza Plenaria [3]che, infatti,giunse a prediligere il preliminare esame del ricorso incidentale, rispetto a quello principale, cosicché se il primo fosse stato ritenuto fondato, il secondo avrebbe dovuto essere giudicato improcedibile, per mancanza di legittimazione ad impugnare il provvedimento di aggiudicazione. L’improcedibilità, inoltre, a giudizio del Consiglio di Stato, avrebbe dovuto essere pronunciata anche laddove il ricorrente principale avesse allegato l’interesse strumentale alla ripetizione degli atti di gara, poiché solo un giudizio positivo in punto di legittimazione avrebbe reso possibile ricorrere avverso l’aggiudicazione dell’appalto.
Anche questo orientamento, tuttavia, non si è mantenuto indenne dai rilievi critici di quanti, giustamente, hanno rilevato che lo stesso finiva per sanzionare il ricorrente principale, assentendo, nel contempo,al mantenimento di un’aggiudicazione ancorchédenunciata come illegittima, attribuendo, così, un vantaggio ingiustificato all’aggiudicatario, con evidente vulnerazione dei principi di parità delle parti, di non discriminazione e di tutela della concorrenza nelle procedure ad evidenza pubblica.
La discrasia ha condotto, in un primo tempo, alla nota pronuncia della Corte di Giustizia ( c.d. “sentenza Fastweb”)[4], nella quale i giudici europei, richiamando il precedente giurisprudenziale costituito dalla “sentenza Hackermüller”[5], concludevano rilevando come l’art. 1, par.3 della Direttiva 89/665/CE, escludesse la forza assorbente dell’accoglimento del ricorso incidentale rispetto a quello principale, incombendo, dunque,sul giudice comunque l’obbligo di“pronunciarsi sulla compatibilità con le suddette specifiche tecniche sia dell’offerta dell’aggiudicatario che ha ottenuto l’appalto, sia di quella dell’offerente che ha proposto il ricorso principale”.
Successivamente, la Corte di Giustizia è tornata ad occuparsi della questione con la pronuncia della Grande Sezione, nota come “sentenza Puligienica”, pietra miliare lungo il percorso verso la corretta interpretazione della Direttiva europea[6]. In quest’ultimo arresto, la Corte ha statuito l’applicabilità dei principi cristallizzati nella “sentenza Fastweb” anche nel caso in cui siano più di due i partecipanti ad una procedura di gara, ocoloro che in relazione alla stessa abbiano presentato ricorso. La Corte ha così data rilevanza all’interesse strumentale del ricorrente principale alla ripetizione della procedura di gara.
Il principio muove dall’assunto per cui l’interesse del ricorrente principale non deve essere ricollegato all’iniziativa giurisdizionale, cosicché la verifica della sua sussistenza sarebbe devoluta all’accoglimento del ricorso incidentale, ma all’agire della pubblica amministrazione, la quale, dinanzi alla fondatezza tanto del ricorso principale, quanto dell’incidentale, potrebbe determinarsi nel senso di annullare in autotutela il provvedimento di aggiudicazione e indire una nuova gara.
La giurisprudenza nazionale non si è mostrata, tuttavia, incline a recepire integralmente quanto affermato dalla Corte di Giustizia, poiché, pur condividendo la doverosità dell’esame di ambedue i ricorsi proposti, l’Adunanza Plenaria, nell’ordinanza di rimessionequi in esame, ha evidenziato l’esistenza di un contrasto giurisprudenziale nei casi in cui abbiano partecipato alla procedura di gara più di due imprese ma non tutte anche al successivo grado di giudizio, cosicché l’esame dei ricorsi reciprocamente escludenti, pur a volerli ritenere fondati, non terrebbe conto di talune partecipanti non aggiudicatarie, ma pur sempre rimaste in gara.
Nel caso di specie, la vicenda trae origine dal ricorso proposto dalla società Lombardi S.r.l. avverso gli atti della procedura di affidamento di un appalto relativo alla progettazione e all’esecuzione dei lavori di risanamento idrogeologico del Centro storico del Comune di Auletta, alla quale aveva partecipato un numero cospicuo di imprese. La gara si era conclusa con l’aggiudicazione a favore della società Delta Lavori s.p.a., la quale aveva indicato come progettista Msm Ingegneria S.r.l., mentre la Lombardi S.r.l. si vedeva collocata al terzo posto della graduatoria finale, preceduta dalla A.T.I. Robertazzi costruzioni s.r.l. – Giglio costruzioni s.r.l.
Nel ricorso depositato presso il T.A.R. per la Campania, la Lombardi S.r.l. lamentava la mancata esclusione dalla gara tanto dell’aggiudicataria, per carenzadei requisiti necessari in capo al progettista, e della documentazione relativa alla fideiussione per la cauzione provvisoria, quanto della seconda classificata, per carenza dei requisiti in capo alle società ausiliarie di cui l’A.T.I. si sarebbe avvalsa.
L’unica a costituirsi in giudizio era la Delta Lavori S.p.a., che proponeva un ricorso incidentale escludente in cui si doleva della mancata esclusione della ricorrente Lombardi S.r.l. per sopravvenuta perdita, nel corso della gara, dei requisiti di partecipazione prescritti dal bando.
Il T.A.R. Campania esaminava dapprima il ricorso incidentale escludente, accogliendone il primo motivo e assorbendo le altre doglianze, così pronunciandosi sull’illegittimità della procedura di gara nella parte in cui non era stata disposta l’esclusione della Lombardi S.r.l. e, conseguentemente, dichiarava improcedibile, per sopravvenuto difetto di interesse, il ricorso principale.
Avverso tale pronuncia, proponeva appello la Lombardi S.r.l., la quale si doleva del mancato rispetto dei principi precedentemente fissati dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea nella summenzionata“sentenza Puligienica”[7].
Come anticipato nell’incipit, l’Adunanza Plenaria ha portato all’attenzione della Corte di Giustizia l’esistenza di un contrasto giurisprudenziale in punto all’applicazione dei principi contenuti nella “sentenza Puligienica”, che vede discordanti le posizioni di chi, da un lato, afferma la necessità dell’esame del ricorso principale, a prescindere dal numero delle imprese partecipanti alla gara e/o al giudizioove pure sia ritenuto fondato il ricorso incidentale. In data circostanza, infatti, non può sussumersi come conseguenza necessaria quella che vedrebbe aggiudicataria, in caso di accoglimento anche del ricorso principale, l’impresa successivamente classificatasi in graduatoria, poiché l’amministrazione potrebbe ritenere più opportuno ripetere integralmente le operazioni di gara, scongiurando il rischio che i vizi riscontrati nei provvedimenti annullati, siano comuni anche alle imprese non parti del giudizio[8].
Questa soluzione, tuttavia, non soppesa adeguatamente il suo stesso, contraddittorio limite, costituito dalla natura meramente facoltativa dell’annullamento in autotutela promosso dall’amministrazione, peraltro pure soggetto a limiti temporali ridotti (art. 21-nonies, L. 241/1990).
Dall’altro lato, v’è chi sostiene, in senso discorde, che l’esame del ricorso principale, in ipotesi siffatte, debba trovare seguito solo qualora l’accoglimento dello stesso, in forza di un giudizio ex ante, sia idoneo a produrre un vantaggio, anche mediato e strumentale, in capo al ricorrente principale; situazione che si concreterebbe solo qualora venisse accertato che anche le offerte delle altre imprese, comprese quelle non partecipantial giudizio, siano affette da vizi escludenti, che comunque dovrebbero essere provati dal ricorrente principale, comuni a quelli contestati all’aggiudicatario.
Anche questa prospettazione, tuttavia, non è scevra da criticità esegetiche, sia per l’evidente contrasto con i principi sanciti dalla “sentenza Puligienica”sia per il fatto che l’accertamento dei vizi relativi alle offerte delle imprese non evocate in giudizio non costituirebbe per l’amministrazione imperativo ineludibile ad agire in autotutela, permanendo facoltativo ed eventuale l’esercizio del suo potere di determinarvisi.
A ciò si aggiunga che un accertamento siffatto verrebbe operato comunque in via astratta e troverebbe il suo limite anche nei principi relativi alla formazione del giudicato (art. 2909 cod. civ.), al quale non sarebbero comunque soggette le imprese estranee al giudizio.
Si attende, ad oggi, il responso della Corte di Giustizia dell’Unione europea, di certo investita di una questione di notevole e incisivo rilievo, soprattutto pratico, attesi gli interessi non solo propri delle imprese partecipanti alle procedure ad evidenza pubblica ma anche quelli coltivati dalle istanze pubblicistiche, chedevono essere primariamente tutelate eche agognanodi veder celermente definiti affidabili e coerenti criteri di riferimento alla cui stregua sia consentito di esperire intempi rapidi e con esiti certi le procedure di gara.
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[1] “Direttiva del Consiglio del 21 dicembre 1989che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all'applicazionedelle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori”
[2] Cons. di Stato, Ad. Plenaria, 10/11/2008, n. 11
[3] Cons. di Stato, Ad. Plenaria, 07/04/2011, n. 4
[4] C.G.U.E. C – 100/12 del 04/07/2013
[5] C.G.U.E. C – 249/01 del 19/06/2003
[6] C.G.U.E. C – 689/13 del 05/04/2016
[7] C.G.U.E., C – 689/13 del 05/04/2016
[8] Il quesito è stato così formulato: “Se l’articolo 1, paragrafi 1, terzo comma, e 3, della direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata dalla direttiva 2007/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11 dicembre 2007, possa essere interpretato nel senso che esso consente che allorché alla gara abbiano partecipato più imprese e le stesse non siano state evocate in giudizio (e comunque avverso le offerte di talune di queste non sia stata proposta impugnazione) sia rimessa al Giudice, in virtù dell’autonomia processuale riconosciuta agli Stati membri, la valutazione della concretezza dell’interesse dedotto con il ricorso principale da parte del concorrente destinatario di un ricorso incidentale escludente reputato fondato, utilizzando gli strumenti processuali posti a disposizione dell’ordinamento, e rendendo così armonica la tutela di detta posizione soggettiva rispetto ai consolidati principi nazionali in punto di domanda di parte (art. 112 c.p.c.), prova dell’interesse affermato (art. 2697 cc), limiti soggettivi del giudicato che si forma soltanto tra leparti processuali e non può riguardare la posizione dei soggetti estranei alla lite (art. 2909 cc)”.