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L’art. 416 ter c.p., profili successori e rapporti con il concorso esterno in mafia
di MICHELA SALERNO
L’art. 416 ter c.p., profili successori e rapporti con il concorso esterno in mafia
Di MICHELA SALERNO
- L’istituto e l’evoluzione storica.
L’art. 416 ter c.p. disciplina lo scambio elettorale politico mafioso.
La disposizione è stata oggetto di numerosi interventi normativi finalizzati all’ampliamento dell’area del penalmente rilevante verso tutte quelle condotte indirette e propedeutiche all’acquisto da parte delle associazioni di tipo mafioso di attività economiche e di collaborazione con soggetti che possiedono qualifiche pubbliche.
La ratio viene ravvisata nella repressione a tutti i livelli di qualsiasi ipotesi di contingenza associazionistica illecita, peraltro di più rilevante allarme sociale ove connessa all’esercizio del potere pubblico.
La modifica più incidente è stata effettuata con legge n. 62 del 2014 e ha introdotto per la realizzazione della fattispecie incriminatrice la necessità che il promittente si impegni al procacciamento di voti attraverso le modalità mafiose di cui al comma 3 dell’art. 416 bis c.p. (1).
Inoltre, è stato esteso il perimetro delle condotte punibili anche allo scambio di voti avente come corrispettivo altre utilità e non solo denaro.
La riformulazione, con riferimento alla perseguibilità del promittente, ha creato problemi successori tra la vecchia e la nuova disciplina, che sono stati più volte risolti dalla giurisprudenza a favore della continuità di incriminazione, peraltro, attraverso l’ausilio dell’istituto del concorso esterno nel delitto ex art. 416 bis c.p. prima della riforma del 2014, e attraverso quello del concorso apparente di norme post 2014.
Procedendo con ordine è bene ripercorrere i vari snodi argomentativi che hanno condotto alle premesse sopra riassunte.
L’originario art. 416 ter c.p. stabiliva che venisse irrogata la pena prevista dall’art. 416 bis c.p. comma 1 a colui il quale avesse ottenuto la promessa di voti avvalendosi del vincolo di intimidazione dovuto all’utilizzo dell’associazione, della condizione di assoggettamento e di omertà in cambio di erogazione di denaro.
Nessuna punibilità era, invece, contemplata dal precetto per il promittente.
La fattispecie incriminatrice poneva due ordini di problemi, il primo la qualificazione del delitto come reato di pericolo o di danno, che imponeva conseguenze disciplinatorie differenziate, in ordine al momento consumativo e all’onere probatorio, il secondo a che titolo potesse ritenersi punibile il soggetto facente parte del pactum sceleris.
Infatti, con riferimento a quest’ultimo aspetto il delitto non si presentava a concorso necessario, potendo semmai parlarsi di reato naturalisticamente plurisoggettivo e improprio, attesa la partecipazione all’accordo di due paciscenti, ma normativamente monosoggettivo (2).
Tuttavia, è bene sin da subito evidenziare che non può estendersi al caso in esame l’istituto dottrinario della cooperazione artificiosa della vittima, atteso che non si è in presenza di un soggetto passivo del reato per quanto riguarda il promittente, ma di un correo (3).
Infatti, la giurisprudenza, fra tutte basti citare la nota sentenza Antinoro del 2014, ha avuto modo di colmare la lacuna normativa evidenziando come la punibilità del soggetto partecipe dell’accordo dovesse innanzitutto distinguersi sulla base del ruolo svolto dal medesimo nell’ambito dell’associazione mafiosa (4).
Ebbene, la qualifica di capo dell’organizzazione implicava una presunzione probatoria costituita dall’utilizzo ai fini del procacciamento di voti delle modalità proprie ex art. 416 bis c.p., forza intimidatrice, assoggettamento, omertà che non poteva non comportare la spendita della qualitas di organizzatore come elemento di garanzia per il conseguimento della riuscita nelle consultazioni elettorali.
Il promittente, pertanto, tornava a essere punibile ex art. 416 bis c.p. perché capo di un’organizzazione che si poteva definire mafiosa, ex comma 3 del medesimo precetto, in grado di ostacolare il libero esercizio di voto e di procurare a altri il conseguimento di voti, con il fine indiretto di acquisire autorizzazioni, concessioni o commesse pubbliche.
E ancora, differente l’ipotesi in cui il soggetto fosse un semplice affiliato all’associazione non in grado di impegnare con la propria promessa anche quest’ultima.
In tal caso diveniva necessario provare la modalità di ottenimento di voti ex art. 416 bis comma 3 c.p..
Il problema veniva estremizzato con riferimento al concorrente esterno all’associazione mafiosa, necessitando di una prova rigorosa circa le modalità di reperimento dei voti (5).
Infatti, come si spiegherà meglio nel proseguo, l’extraneus si limita a fornire un apporto eziologico alla vita del sodalizio, la cui opera, come attestato dagli ultimi sviluppi giurisprudenziali si deve porre come condicio sine qua non al rafforzamento e sviluppo della medesima, dovendo il correo, peraltro, volere la condivisione del programma criminoso sotto forma di dolo diretto.
A precisazione di quanto esposto, il Supremo Consesso enuncia che nelle associazioni di stampo mafiose vanno ricomprese tutte le realtà territoriali, comunque denominate, riconducibili alla tipizzazione fissata dalla norma, quindi, non solo la mafia ma anche la ‘ndrangheta, la camorra etc..
2. I problemi successori.
Innanzitutto, la tematica in oggetto impone di analizzare la differenza tra reato di pericolo e di danno applicata alla fattispecie de qua e la conseguente riconducibilità dei casi applicativi nell’ambito della punibilità dell’art. 416 ter c.p. o del concorso esterno, ex artt. 110 e 416 bis c.p..
Infatti, lo scambio elettorale politico mafioso, in questa versione ante l. 62/2014, veniva interpretato come reato di pericolo a tipicità limitata, mercimonio di voti in cambio esclusivamente di denaro.
Se ne deduceva che il delitto necessitava per la perseguibilità dei paciscenti della mera promessa, senza il necessario accertamento della mobilitazione dell’associazione per il procacciamento dei voti.
D’altronde, l’allarme per l’ordine pubblico da un lato e la qualitas ricoperta dal promittente dall’altro giustificavano l’anticipazione di tutela alla messa in pericolo del bene giuridico protetto dalla norma.
La limitazione della condotta punibile al patto voti/denaro delimitava, altresì, l’esclusione di tutti quegli accordi che avessero a oggetto lo scambio di voti a seguito del conseguimento di altro tipo di utilità.
In ossequio al principio di legalità, sotto specie di tassatività, la giurisprudenza riconduceva tali ultime ipotesi e quella del promittente non inserito nel sodalizio nell’ambito del concorso esterno in associazione di stampo mafioso.
L’istituto di creazione pretoria si distingue da quello di mera affiliazione e partecipazione, poiché il concorrente esterno non fa parte dell’associazione, non è nella stessa insediato in modo stabile e non ne condivide l’affectio societatis.
I requisiti strutturali per la configurazione della fattispecie de qua sono stati oggetto di rilevante evoluzione, tratteggiata da tre note sentenze a SS.UU. della Corte di Cassazione.
La prima, sent. Demitry del 1994 (6), riteneva sufficiente per l’applicabilità degli artt. 110 e 416 bis c.p. la sussistenza nel concorrente della consapevolezza di partecipare all’associazione, dolo generico, e di contribuire al rafforzamento e all’aiuto della stessa in un momento di fibrillazione della societas, cioè patologico.
Successivamente, l’area del penalmente rilevante torna a circoscriversi per effetto della sent. Carnevale del 2002 (7), la quale rileva che non appare possibile contribuire in un delitto a dolo speciale, quale quello ex art. 416 bis c.p. che presuppone un programma criminoso determinato, con la mera consapevolezza di realizzare un disegno astratto e generale.
Si riafferma, recuperando la nozione propria del concorso di persone nella teoria della fattispecie plurisoggettiva eventuale e quindi unitaria, la necessità che sussista nei correi il medesimo elemento soggettivo, ravvisato nel dolo specifico (8).
Inoltre, precisazioni vengono effettuate anche con riferimento alla tipicità.
L’intervento del concorrente esterno nella fase patologica dell’associazione viene circoscritto, attraverso una verifica causale del contributo stesso che deve aver rafforzato la vita della societas, aumentandone le potenzialità.
Ancora più restrittiva l’interpretazione della sent. Mannino bis del 2005 (9), ove si esclude la punibilità dovuta alla presenza di un dolo eventuale, richiedendo nel concorrente esterno la sussistenza del dolo diretto e cioè la consapevolezza e la volontà di contribuire con il proprio apporto all’accrescimento del potere del sodalizio, verifica da condursi attraverso il principio della condicio sine qua non.
L’aiuto del soggetto non potrà, inoltre, essere meramente morale, limitandosi al piano soggettivo, ma dovrà tradursi in delle attività senza le quali non sarebbe possibile uno sviluppo dell’associazione mafiosa.
Tanto premesso in punto di qualificazione della responsabilità del concorrente esterno, la giurisprudenza riconduceva la punibilità di tutte quelle condotte non tipizzate dall’art. 416 ter c.p. e corrispondenti allo scambio di voti in cambio di ulteriori utilità, economicamente valutabili, nell’ambito di tale istituto.
Pertanto, tirando le fila del discorso, mentre l’art. 416 ter c.p. sanzionava colui il quale, pur non appartenente al sodalizio, promettesse lo scambio di voti in cambio di denaro, il combinato disposto, ex artt. 110 e 416 bis c.p., sulla base di quanto ricostruito dalla giurisprudenza, puniva lo stesso soggetto ove l’identica condotta contemplasse, quale corrispettivo per il correo, benefici differenti o indiretti rispetto alla somma di denaro.
E’ necessario puntualizzare che, mentre la fattispecie incriminatrice ex art. 416 ter c.p. veniva configurata come reato di pericolo, quella ex artt. 110 e 416 bis c.p.. costituiva reato di danno.
Il giudice era chiamato a verificare se l’apporto del concorrente esterno avesse prodotto un rafforzamento del sodalizio in termini concreti, attraverso il conseguimento con le modalità di cui al comma 3 dell’art. 416 bis c.p. delle utilità frutto dell’accordo, non ritenendosi sufficiente la mera promessa (10).
La mobilitazione del clan per il conseguimento dei voti doveva essere provata rigorosamente, perché il promittente era extraneus all’associazione criminale.
La ricostruzione era perfettamente aderente all’interpretazione dell’istituto operata dalla giurisprudenza e configurava due ipotesi normative autonome e distinte con ambiti di operatività differenti, il cui richiamo del legislatore all’art. 416 bis c.p. operava quoad poenam da un lato, e per relationem con riferimento alle modalità del conseguimento dei voti dall’altro.
3. L’intervento legislativo.
Il quadro normativo è stato completamente modificato a opera della riforma effettuata con l. 62/2014 che ha riformulato l’art. 416 ter c.p., introducendo due importanti novità.
L’attuale precetto punisce, con la reclusione da quattro a dieci anni, colui il quale accetta la promessa che gli vengano procurati voti con le modalità mafiose di cui al comma 3 art. 416 bis c.p. in cambio sia dell’erogazione, sia della promessa di denaro o di altra utilità.
Il comma 2 della medesima disposizione introduce, infine, l’espressa punibilità del promittente voti.
Procedendo con ordine, il legislatore punisce colui che accetta la promessa anche se a essa non consegua l’erogazione di denaro.
La norma, infatti, tipizza il disvalore del fatto nell’accordo avente a oggetto l’erogazione di denaro o di altra utilità a fronte del reperimento di voti in occasione delle consultazioni elettorali.
Si conferma la natura di reato di pericolo, il cui allarme sociale è tale da consentire l’irrogazione della sanzione anche ove l’evento, il conseguimento dei voti a seguito della dazione della controprestazione, non si realizzi.
La disposizione stigmatizza il sinallagma contrattuale nell’ottica del reato contratto e persegue tale finalità ricomprendendo nei vantaggi illeciti ulteriori prestazioni, differenti rispetto alla corresponsione di somme di denaro (11).
Qualsiasi utilità, diretta o indiretta, che all’associazione possa derivare dallo scambio dei voti promessi al soggetto politico, viene perseguita.
Peraltro, nel rispetto del principio di tassatività e precisione la verifica del giudice, con riferimento alla nozione di vantaggio, va condotta avendo come coordinate le linee imposte dalla precedente giurisprudenza per la sussistenza del contributo causale che la condotta è in grado di apportare al rafforzamento e alla vita dell’associazione mafiosa.
Se così è, appare sin da ora chiaro come l’ambito di operatività del nuovo art. 416 ter c.p. vada a coincidere con quelle condotte che attraverso l’attività di interpretazione pretoria erano state ricomprese nell’ambito del concorso esterno in associazione mafiosa.
La norma, pertanto, colma una lacuna.
Non è chi non veda come la fattispecie sia intervenuta ulteriormente sul piano della tipicità, esplicitando i requisiti propri della condotta, la promessa di voti deve essere stata realizzata attraverso le modalità previste dal comma 3 dell’art. 416 bis c.p..
Peraltro, nulla di nuovo con riferimento all’applicazione concreta dell’istituto, atteso che anche in costanza della precedente disciplina l’utilizzo della condizione di intimidazione dovuta al vincolo associativo, all’assoggettamento allo stesso e all’omertà veniva realizzata per relationem, costituendo elemento in base al quale il giudice doveva attenersi per compiere la verifica di tipicità della promessa.
Tuttavia, con la riformulazione normativa le modalità del patto, ex art. 416 bis c.p. comma 3, divengono elemento costitutivo del delitto.
Pertanto, anche il vulnus collegato alla determinatezza della fattispecie incriminatrice è stato colmato.
Infine, il comma 2 dell’art. 416 ter c.p. prevede espressamente la punibilità di colui che promette di procurare i voti con le modalità sopra indicate.
La riforma incide sui soggetti attivi del reato, stabilendo il passaggio della fattispecie incriminatrice da delitto naturalisticamente plurisoggettivo ma normativamente monosoggettivo a delitto plurisoggettivo a concorso necessario.
4. I rapporti tra le due fattispecie incriminatrici.
La modifica in analisi ha comportato due ordini di problematiche.
Da un lato ha posto esigenze di analisi dal punto di vista successorio, tra continuità normativa e nuova incriminazione, dall’altro ha obbligato il raffronto delle fattispecie ex art. 416 ter c.p. e 110-416 bis c.p. al fine di risolvere eventuali conflitti tra le stesse.
Per ciò che attiene al primo profilo la giurisprudenza ha avuto modo di valutare che non si tratta di nuova incriminazione, poiché anche anteriormente alla riforma attuata con l. 62/2014 la condotta del promittente risultava punibile a opera dell’interpretazione pretoria.
La sanzione era collegata alla qualitas del promittente, nonché alla verifica dell’attività di rafforzamento dell’associazione dallo stesso compiuta con la promessa per l’extraneus.
Il comportamento di colui che si obbligava al reperimento dei voti era punibile allora e rimane punibile oggi, potendosi semmai disquisire sul trattamento sanzionatorio più favorevole per il reo, ex art. 2 comma 4 c.p..
Più complessa l’analisi del rapporto tra la nuova disposizione e l’istituto del concorso esterno in associazione ex art. 416 bis c.p..
La ratio della riforma è quella di perseguire a tutti i livelli i casi di contingenza mafiosa.
In un’ottica di determinatezza e di prevedibilità del precetto penale, che con specifico riguardo all’istituto del concorso esterno non poche problematiche aveva posto nella nota sentenza Contrada della C. Edu (12), l’art. 416 ter c.p. si è prefigurato la necessità di dover sganciare la condotta realizzata con lo scambio di voti a fronte del conseguimento di altre utilità dalla sola interpretazione giurisprudenziale, per ancorarla alla nuova fattispecie incriminatrice.
D’altronde in un sistema di civil law, come quello italiano, la nozione di legge deve tradursi in una accezione in senso formale, soprattutto in materia penale ove vige il principio di legalità e di riserva assoluta di legge statale.
Se così è, se ne deduce l’attuale sovrapposizione tra il campo di operatività dello scambio elettorale politico mafioso successivo al 2014 e quello fino a tale data disciplinato dall’istituto del concorso esterno in associazione mafiosa.
Il concorso apparente di norme va risolto, come specificato dalla giurisprudenza, da ultimo SS.UU. 2017, sulla base del mero criterio di specialità, ex art. 15 c.p. (13).
Il raffronto va compiuto comparando le fattispecie astratte, al fine di verificare se sussista una relazione di specialità unilaterale per specificazione tra le norme.
In tali casi deve applicarsi la disposizione che presenta l’elemento ulteriore, specializzante rispetto alla prima.
Ebbene, si ravvisa un rapporto di specialità tra precetti ogni qualvolta possa dirsi che la fattispecie speciale non sia realizzabile se non ponendo in essere la prima generale, in base a un rapporto di species a genus, rispetto al quale la norma speciale differisce per un elemento aggiuntivo o una variante di intensità rispetto a quella generale.
La norma speciale, pertanto, presenta tutti gli elementi costitutivi di quella generale, differenziandosene per la presenza di un elemento specializzante.
Non è chi non veda come, tenendo a mente le coordinate suddette, in riferimento alla punibilità del promittente, l’art. 416 ter c.p. rappresenti norma speciale rispetto alla fattispecie del concorso esterno in associazione mafiosa.
Nella condotta tipizzata dal combinato disposto degli artt. 110 e 416 bis c.p. il correo impegnava il clan e, attraverso lo scambio elettorale a fronte di altre utilità, fornisce il proprio apporto al sodalizio, rafforzandolo.
Il nesso eziologico tra l’opera agevolatrice prestata e il consolidamento
dell’associazione andava però, prima della novella, verificato in concreto.
Oggi, invece, l’art. 416 ter c.p. prevede che colui che si obbliga al reperimento di voti elettorali sia punito anche solo per aver effettuato la promessa in cambio di somme di denaro o altre utilità.
Le modalità di realizzazione della condotta sono le medesime, ma diverge il fondamento della punibilità dell’extraneus.
La pattuizione di scambio tra voti e altri vantaggi nella disposizione di nuova formulazione non è collegata al verificarsi dell’evento, come precedentemente preteso dalla giurisprudenza.
Pertanto, il richiamo alle modalità mafiose dell’accordo sceleris, finalizzato al conseguimento di benefici elettorali in cambio di qualsiasi tipologia di utilità, è elemento specializzante che comporta, nei casi di concorso apparente di norme, l’applicazione della sola fattispecie ex art. 416 ter c.p..
Inoltre, la formulazione del precetto presenta anche un ulteriore elemento specializzante costituito dall’esplicito riferimento al denaro quale corrispettivo del patto.
Infatti, l’art. 416 bis c.p. collega le modalità mafiose con l’acquisizione del controllo e della gestione di attività economiche, concessioni, commesse pubbliche al fine di realizzare profitti e altri vantaggi ingiusti.
La norma si riferisce ai profitti oltre che ad altri vantaggi ingiusti e non direttamente a somme di denaro quale corrispettivo di uno scambio.
Invero, lo scambio elettorale politico mafioso è un reato contratto, pertanto, a fronte della pattuizione di voti le parti concordano che la controprestazione oggetto dell’accordo illecito, quale prezzo della res illecita, sia determinata in termini economici, con una somma di denaro, e non finanziari.
Ebbene, la giurisprudenza ha evidenziato, seppure in un differente contesto, da ultimo in materia di responsabilità degli enti ai fini del profitto confiscabile SS.UU. Miragliotta (13), che per profitto deve intendersi il corrispettivo ottenuto, anche mediatamente, dall’attività illecita e che tale nozione non può coincidere con quella di prezzo ricavato dallo scambio vietato tra bene e dazione di denaro.
La nozione di profitto, dunque, non può coincidere con quella di prezzo, presentando un quid pluris rispetto a quest’ultimo, la trasformazione di quanto ricavato dal reato.
Anche sotto tale aspetto, pertanto, l’art. 416 ter c.p. appare presentare un elemento specializzante non contenuto nell’art. 416 bis c.p..
Si deve allora concludere che, al fine di scongiurare una violazione del ne bis in idem sostanziale, in ipotesi di concorso apparente di norme, nei confronti di colui il quale prometta di procacciare voti al politico con le modalità mafiose di cui al comma 3 dell’art. 416 bis c.p., deve ritenersi applicabile la sola disposizione di nuovo conio rispetto all’istituto del concorso esterno.
Ciò è tanto più vero se solo si consideri che, il riferimento alle modalità mafiose non solo costituisce requisito aggiuntivo del delitto ma implica che il promittente, se extraneus, debba realizzare il reato ex art. 416 ter c.p. impegnando concretamente il clan e quindi passando per il compimento del delitto di associazione di stampo mafiosa in forma concorsuale.
Diverso il caso del capo dell’associazione e del partecipe alla stessa, i quali, ove si obblighino a fornire voti al politico in cambio di altre utilità, non beneficiano del concorso apparente di norme, dovendosi ritenere applicabile il concorso effettivo di reati.
Questi ultimi sono punibili ex art. 416 bis c.p. per il solo fatto di far parte del sodalizio criminoso, con aggravamento di pena se il promittente voti è capo dello stesso, e devono, inoltre, rispondere in concorso anche dei reati-fine posti in essere nel perseguimento degli scopi dell’associazione ove, almeno per l’affiliato, se ne provi il contributo agevolatore.
5. Conclusioni.
Riassumendo, la novella attuata con l. 62/2014 ha introdotto nell’art. 416 ter c.p. l’inciso ‘mediante le modalità di cui al terzo comma dell’art. 416 bis c.p.’, ha esteso la punibilità anche allo scambio elettorale politico mafioso attuato tramite l’utilizzo di un corrispettivo differente dal denaro e ha contemplato la perseguibilità diretta del promittente.
Le modifiche colmano, con riferimento alle modalità con cui porre in essere la promessa, un vulnus di tipicità della precedente norma, per anni sopperito dalle risultanze pretorie.
La riforma, inoltre, amplia l’area del penalmente rilevante per ciò che attiene le condotte sanzionate.
La nuova formulazione, dunque, si pone in un rapporto di continuità normativa con la punibilità del correo che abbia promesso al politico di reperire i voti, con l’appoggio dell’associazione, in cambio di altri vantaggi rispetto al solo denaro e consente di ricorrere al concorso apparente di norme per dirimere eventuali conflitti tra le fattispecie incriminatrici a confronto.
La norma speciale non può che essere quella ex art. 416 ter c.p., la quale, peraltro, nella nuova stesura non richiama ai fini della determinazione della sanzione irrogabile, il precedente articolo 416 bis c.p., ma stabilisce una cornice edittale autonoma e più favorevole al reo.
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